La panchina “bianca”

A quasi un mese di distanza dall’8 giugno le parole di Raheem Sterling e Sol Bamba, sembrano aver fatto breccia nella federazione inglese. Sterling, attaccante del Manchester City e della nazionale inglese, aveva lamentato la scarsità di allenatori, manager, preparatori appartenenti a minoranze etniche nel professionismo inglese.

di Luca School – un articolo di sportallarovescia.it

Nel campionato inglese, su poco più di 500 giocatori, i Colored sono circa un terzo, ma la cifra è molto più misera se si guarda ai settori tecnici. Sulle panchine dei 98 club dei 5 top campionati europei, sono solo due gli allenatori neri: Patrick Vieira per il Nizza e Nuno Espírito Santos per il Wolverhampton. Vi è una sorta di barriera etnica che tende ad accettare solo i bianchi.

Sir Alex Ferguson è da sempre una figura paterna per me. Deciso a diventare allenatore, sono andato da lui e gli ho detto quello che avevo intenzione di fare. Lui mi ha dato alcuni consigli e mi ha sempre detto che avrebbe garantito per me, nel caso in cui avessi avuto bisogno di una raccomandazione per allenare ed è così ancora oggi, ma malgrado il suo aiuto, non riesco a fare nemmeno un colloquio.

Dwight Yorke

Da alcuni anni la lega inglese cerca con varie iniziative di invertire questa tendenza. ma fino ad oggi è rimasto tutto un buco nell’acqua fino. Ed ecco quindi che il calcio inglese professionistico decide di prendere petto la questione e istituisce nei propri corsi di formazione e inserimento lavorativo dei posti riservati a cittadini BAME (Black, Asian and Minority Ethnic), dimostrazione di come si possa almeno a livello federale affrontare seriamente un problema. Attenzione non si pensi che questo risolva la questione o che possa essere una soluzione definitiva, cosa palesemente dimostrata dalla disfatta totale delle campagne UEFA contro il razzismo negli stadi, ancora oggi infestati da scene indegne. Ma il calcio inglese si è reso conto che è un problema di natura sociale: finché i giovani calciatori membri di minoranze non avranno figure di riferimento ulteriori ai giocatori non cambierà nulla o quasi, servono modelli, persone a cui ispirarsi che siano oltre il grande campione sul campo, più adulte e mature, rispettate per la loro intelligenza e il loro carattere, più che per prestanza fisica e doti tecniche.

Quando la gente dubita dell’intelligenza di un’etnia, la situazione diventa impossibile. È normale che ci siano tanti giocatori di colore, perché la gente pensa che siano grandi atleti con buone capacità fisiche, ma per essere allenatore servono intelligenza e disciplina. In campo va tutto bene, ma fuori è complicato perché c’è gente che dubita che la gente nera sia capace.

Lilian Thuram

Un giovane calciatore, quale sia la sua etnia, sa di dover pensare al proprio futuro dopo i 35- 40 anni di età. Ai calciatori membri di minoranze mancano figure cui ispirarsi e ambire. Se un ragazzino nero non ha nessun esempio di leader nero nel calcio, come allenatore, dirigente, presidente, come potrà immaginare di essere lui stesso in futuro qualcosa del genere? Su questo problema le federazioni possono agire immediatamente attraverso programmi e incentivi. La disparità di trattamento che subiscono i tecnici neri nel mondo del calcio è un dato di fatto nei campionati inglesi, ma anche a livello globale.

Alcuni vecchi giocatori di colore, non prendono il titolo da allenatore anche se magari lo vorrebbero. Naturalmente ci sono molti allenatori africani che hanno il tesserino da allenatore, ma semplicemente non esiste quella fiducia, che, invece, c’è nei confronti degli altri allenatori. I tecnici di colore sono sfiduciati perché visti come esseri di seconda classe.

Samuel Eto’o

In Italia come siamo messi?

In Italia abbiamo avuto tre allenatori BAME: Jarbas Faustinho, meglio noto come Cané, Fabio Liverani e Clarence Seedorf. Il mondo del calcio italiano sotto il profilo amministrativo è eccentrico, questioni come la piazza, i tifosi, gli sponsor, influiscono moltissimo nelle scelte aziendali dei grandi club e suppliscono a fattori come l’esperienza e la professionalità, non solo nella fase del mercato e gestione dei calciatori, ma anche in quello della gestione aziendale dei manager. Ad esempio, nel settore allenatori è sempre più in uso, specie nei momenti di crisi, puntare su un grande nome anche privo di esperienza almeno per calmare la pancia dei tifosi; pensiamo ai vari avvicendamenti sulla panchina del Milan: Brocchi, Gattuso, Inzaghi, Seedorf. Grossi nomi, bei palmares, poca o nessuna esperienza, la possibilità di guardare qualcosa di straniero, magari qualche allenatore che si è fatto le ossa nei campionati fuori Uefa, ma scherziamo (qui facciamo un’eccezione per alcuni tecnici sudamericani i quali comunque prima fanno esperienza in squadre medio piccole). Difficilmente un club nostrano assumerebbe un tecnico di formazione africana o asiatica e incorrerebbe in critiche furiose anche da una certa quota degli opinionisti, i quali ricorderebbero statistiche varie per giustificare le loro sicure castronerie. In Italia esiste tutt’ora una fetta fin troppo ampia di sedicenti tifosi che sostiene la non capacità dei portieri di origine africana. Dei vari tecnici del Milan l’unico che è stato accusato di non capir nulla di calcio è Seedorf ed è l’unico che fatica a trovare un impiego come tecnico, eppure la sua media di vittorie era la più alta tra i nominati. Fabio Liverani dopo la brevissima panchina al Genoa ha dovuto fare tutto il percorso dalla serie C, attraverso anche l’esperienza al Leyton Orient.

Gli allenatori di colore sono un tabù. Il motivo non lo so ma è un dato di fatto. C’è Seedorf che ha avuto un discreto successo in mondi diversi, ci sono diversi tecnici sudamericani neri, ma gli allenatori di colore dovrebbero essere di più.

Sven-Göran Eriksson

Se allarghiamo lo sguardo fuori dalla Uefa dove le percentuali di atleti BAME salgono, c’è da restare basiti e due dati su tutti saltano agli occhi. Primo che in Brasile, Paese in cui il 60% della popolazione si identifica con l’etnia nera o meticcia, vi sono solo due tecnici di colore, gli allenatori Marcão della Fluminense FC e Roger Machado dell’EC Bahia. Secondo, che il senegalese Aliou Cissé era l’unico allenatore nero ai Mondiali di Russia nel 2018. Inutile dire che non ci siamo. Un triste esempio giunge proprio dalle federazioni africane dove si preferisce affidare le selezioni nazionali a tecnici europei, a fronte sia di grandi allenatori locali, sia di grandi ex giocatori locali di scuola europea. Tutti e tre i tecnici nominati hanno lamentato negli anni questa discriminazione de facto. Il progetto della lega inglese se portato a termine è un buon inizio, un esempio che le altre federazioni nazionali dovrebbero adottare, integrandolo a finanziamenti reali e strutturali per tutte quelle realtà sportive di basse che utilizzano lo sport come strumento di lotta al razzismo e alle discriminazioni.

Ripensando alla mia carriera, ci sono state delle volte in cui non ho volutamente detto quello che pensavo perché ho avuto paura delle possibili ripercussioni e di come sarei stato giudicato dalla gente. Se sei in uno sport dominato dai bianchi e le persone ai vertici sono prevalentemente maschi bianchi, l’ultima cosa che vuoi è dire qualcosa di inappropriato. Spesso mi sono trovato ad agire in un determinato modo per adattarmi agli altri e non essere giudicato solo perché ero nero.

Micah Richards